5.3.1 L'HIV
L'infezione da virus dell'immunodeficienza umana (HIV) rappresenta ancora oggi uno dei principali problemi di salute pubblica in tutto il mondo. Fino ad ora circa 36 milioni di persone sono morte a causa del virus HIV e 35,3 milioni vivono con l'infezione (dato 2012). Il virus attacca alcune cellule del sistema immunitario, principalmente i linfociti, che sono importantissimi per la risposta immunitaria, indebolendo il sistema immunitario fino ad annullare la risposta contro virus, batteri, protozoi e funghi.
È ormai accertato che il virus umano dell'HIV (Human Immunedeficiency Virus) derivi da mutazioni di vari ceppi del SIV (Simian Immunedeficiency Virus o virus da immunodeficienza delle scimmie) , con il salto di specie in un'epoca imprecisata in alcune regioni dell’Africa occidentale sub-sahariana. I primi studi degli anni ottanta indicavano come possibile zona d'origine del contagio la zona dei grandi laghi, mentre gli studi più moderni si focalizzano in un'area più a ovest, nel Camerun. Dal virus SIVcpz dello scimpanzé Pan troglodytes troglodytes deriverebbe il ceppo HIV-1, responsabile dell’attuale pandemia, mentre dal virus SIVsmm, che colpisce le scimmie Sooty Mangabey, deriverebbe il ceppo HIV-2, dotato di patogenicità e contagiosità più limitate, che è rimasto confinato nei luoghi di origine, con l'eccezione di alcuni soggetti infettati nelle proprie aree endemiche e poi trasferitesi in paesi occidentali.
Il primo caso di sieropositività accertato risale al 1959, quando venne prelevato da un uomo di Leopoldville (oggi Kinshasa) un campione di sangue che, analizzato trent'anni dopo, dimostrò di contenere anticorpi all'HIV-1.
Nel 1982 Robert Gallo, direttore del laboratorio di biologia cellulare dei tumori del National Cancer Institute di Bethesda in America, accertò l'origine virale dell'epidemia, riconoscendo l'azione di un retrovirus, appartenente a tale particolare famiglia da lui identificata qualche anno prima nei suoi studi sulla leucemia. Il 4 novembre 1983 Françoise Barré-Sinoussi, nel laboratorio di retrovirologia dell’Istituto Pasteur di Parigi diretto da Luc Montagnier vide al microscopio per la prima volta il virus HIV, nei tessuti di un linfonodo prelevato da una persona infetta, ma che non aveva ancora sviluppato la sindrome: si tratta di un paziente omosessuale che aveva come unico sintomo i linfonodi ingrossati.
Un anno dopo, il 22 aprile 1984, i CDC dichiarano pubblicamente che il virus francese era stato definitivamente identificato come la causa dell'Aids e il giorno successivo venne annunciato che Robert Gallo aveva a sua volta isolato un virus prelevato da pazienti malati di AIDS, e che per il virus sarebbe stato disponibile a breve un kit per riconoscere le persone infette, tramite l'individuazione nel sangue della presenza o meno di uno degli anticorpi prodotti dall'organismo contro l'infezione. Il virus di Gallo, infettante i linfociti T umani, si rivelò poi lo stesso virus francese e tra i due istituti avviò una vera e propria battaglia legale su chi dovesse rivendicare la scoperta, conclusa in un certo senso con il conferimento del premio Nobel per la medicina ai francesi nel 2008
Lo stadio più avanzato dell’infezione da HIV è l’AIDS (Acquired Immunodeficiency Syndrome o Sindrome da immunodeficienza acquisita), che può insorgere 2-20 anni dall’infezione con il virus e porta allo sviluppo di tumori, infezioni e altre gravi manifestazioni cliniche. Per chi è affetto da AIDS, la morte sopraggiunge entro un anno a meno di ricorrere ad una terapia antiretrovirale (ART), che permette di allungare la vita fino a 4-5 anni a partire dalla diagnosi di AIDS conclamato (non dal contagio).
La terapia antiretrovirale deve essere iniziata a partire dalla diagnosi di sieropositività, in cui il virus è presente ma silente. La ART permette di controllare la replicazione virale e allungare il periodo asintomatico di molti anni. Prima si inizia la terapia, migliore è la prognosi. Oggi, grazie alle terapie ART, una persona che riceve la diagnosi di sieropositività in giovane età può sperare di superare i 60 anni di vita.